Giovedì 28 Marzo 2024 - Anno XXII

In Marocco, soave profumo della rosa del Dadès

Rosa di dades Marocco

Itinerari a misura di “naso” sulle tracce di odori aromi fragranze, dalla vallata marocchina con le rose del Dadès all’umida foresta messicana dove cresce la vaniglia. Da un’idea dell’erborista Luigi Cristiano e del giornalista Gianni De Martino è nato “Viaggi e profumi”, Urra editore

Il trattamento della rosa

rosa Festival delle rose maroccoLasciati i campi e seguendo uno dei camion carico di sacchi di rose, giungiamo alla fabbrica Flora Atlas, che s’annuncia da lontano con le sue ciminiere svettanti su un’architettura medievale di kasbah berbera. E la più grande delle due fabbriche, ma a differenza dell’Aromac – che lavora tutto l’anno distillando anche cedro, fiori di acacia (mimosa), artemisia e fiori d’arancio amaro (neroli) – lavora solo un mese all’anno e tratta esclusivamente le rose fresche che ogni primavera vi affluiscono al ritmo di circa 10 tonnellate al giorno per una ventina di giorni. Se la produzione della regione è dell’ordine di 3755 tonnellate annue, evidentemente il resto della produzione, eccetto quello destinato all’Aromac, viene impiegato per produrre acqua di rose che viene imbottigliata sul posto e venduta nei numerosi negozi della città, mentre una grande quantità di fiori secchi prende la strada delle erboristerie di Marrakech, di Casablanca e dell’estero. Entriamo m fabbrica anche noi grazie a un’autorizzazione procurataci da Brahim Baddou, giovane e dinamico direttore del nostro hotel Les Roses du Dadès, appartenente a un ente di Stato, l’Ufficio Nazionale del Turismo.

Assistiamo alla pesa dei sacchi di rose e il capo del personale Moulay, ci fa visitare gli impianti, mentre il suolo degli ampi cortili, preventivamente bagnato e ombreggiato da tralicci di canna, si riempie di quintali e quintali di rose. Quasi ebbri, i giovani operai accolgono ogni apertura dei sacchi con grida di gioia e smuovono i mucchi di petali a bracciate, intonando canzoni in onore del profeta Muhammad e incitandosi l’un l’altro al lavoro per la gloria dell’Isiam. Siamo raggiunti dal tecnico francese, il signor Bruno Navarro, che ci spiega che si praticano due procedimenti per il trattamento delle rose: l’estrazione con un solvente (l’esano, etere di petrolio, per ottenere la concreta) e la distillazione indiretta in alambicchi di rame, che permette di ottenere l’essenza di rosa (500 kg di rose per 2500 litri d’acqua).
Il prodotto più richiesto dai profumieri è la concreta, perche conserva meglio la fragranza originaria. L’olio essenziale, invece, è prodotto solo nel caso in cui la produzione giornaliera di rose superi la quantità che le quattro batterie in funzione possono assorbire, ossia 24 tonnellate di petali di rose. Il tecnico aggiunge che fino all’anno scorso si produceva anche acqua di rosa con il marchio Cape Fiorai, circa 3 tonnellate, ma che quest’anno ne faranno a meno perché la concorrenza di acque di rose di minor pregio e qualità, ma di prezzo inferiore, non lo permette. “È sempre più difficile,” dice, “far comprendere alla gente la qualità di un prodotto”.

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rosa Donna-trasporta-sacco-di-rose-maroccoLa concreta costa circa 4000 FF al kg, l’essenza molto di più, circa 30.000 FF al kg, mentre l’acqua di rose costava solo 20 FF al litro. Brevemente, per ottenere la concreta si fanno tre lavaggi con esano sui petali di rose fresche. Il primo lavaggio è fatto con l’esano che è già passato due volte sul carico precedente. Il secondo lavaggio ha fatto il terzo lavaggio del carico precedente. Il terzo lavaggio è effettuato con esano neutro, in modo da raccogliere quello che è rimasto del lavaggio precedente.
Terminati i tre lavaggi si procede allo strepping, vale a dire all’immissione di vapore sulle scorie per eliminare tutto l’esano dai residui di rose da buttare. L’esano eliminato viene recuperato e rettificato per diventare neutro. Si lavora a ciclo continuo, di giorno e di notte. L’esano saturo di profumo viene avviato alla distillazione per essere eliminato circa dell’80 e ottenere un prodotto che si chiama “concentrato di rose”. Questo primo prodotto viene a sua volta distillato in un altro apparecchio sottovuoto, in modo da ottenere un’ebollizione a bassa temperatura ed eliminare completamente il solvente dalla concreta. Costituita da oli essenziali e cere, la concreta di rosa è il prodotto finale di un mestiere complesso, ricco di tradizione erboristica e profumiera. La sua produzione è avvolta da contorni mitici, alimentata dalle numerose leggende che circondano la fabbrica. Nella valle si parla di segreti ben custoditi e si mormora che la proprietà sia “domaine royal”, ossia appartenga al re del Marocco Hassan II.
Si favoleggia anche che a fine maggio esca “il francese”, un uomo misterioso con una valigia, si dice infatti che tutta la produzione verrebbe trasportata in un’unica borsa da viaggio, addirittura un sacco a mano… Sfidando un certo velo di omertà e di leggende che avvolge, nella valle, l’industria dell’estrazione della preziosa rosa, Bruno Navarro, il “francese”, sorride e c’introduce nel forziere della fabbrica, di cui solo lui possiede la chiave. Possiamo così vedere per la prima volta la produzione di concreta di quest’anno, rappresentata da qualche centinaio di barattoli in parte già imballati in una decina di scatole di cartone e in parte sugli scaffali. Ogni barattolo, ambito dai più grandi profumieri, pesa un kg, costa circa 4000 FF e contiene oltre alle cere, l’essenza di circa 350-400 kg di petali di rose. Quando Navarro ne apre uno e appare la pasta color rosa, non sentiamo assolutamente niente, forse perché le nostre narici sono ormai sature della fragranza che aleggia in fabbrica. Una volta all’aperto, però, dopo qualche secondo, siamo colpiti dapprima da una leggera nota di testa verde e di miele, poi avvolti dall’esplosione al rallentatore di un odore caldo, sontuoso, intenso e profondamente floreale, leggermente speziato e immensamente ricco.

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Al ritorno, lungo la strada principale, c’è aria di festa. I bambini vendono corone di rose agli angoli delle strade, dalle montagne scendono i paesani con l’abito della festa, nei suk spiccano cumuli di petali di rose accanto a montagne di datteri, di arance e di mandorle. Intanto si preparano i carri, ingenui e colorati, che sfileranno nelle strade inghirlandate da corone, fra i trilli delle donne coperte di gioielli e paillettes scintillanti al sole, che acclameranno l’arrivo dei ministri e della regina delle rose, bombardata di petali da una folla entusiasta. Una folla tra poco vibrerà ai ritmi dell’ahidou con i musicisti e i danzatori vestiti di tuniche bianche venuti da tutte le regioni del Sud.
Finita la festa, ognuno se ne andrà, le braccia colme di rose fresche o secche. Nella valle del Dadès, come in tutti i paesi segnati dalla cultura arabo-musulmana, si fa risalire al profeta Muhammad l’amore che qui tutti hanno per le rose, e si narra che egli, vedendo una rosa, la baciò, se la premette sugli occhi e disse: “La rosa è una parte della gloria di Dio“… Talismano, rimedio e portafortuna, la rosa berbera, dicono laggiù nella valle, allontana il malocchio, il mal di testa e i jinn. Sparsa in libazione profumata da piccoli contenitori dal collo oblungo chiamati mrash‘, l’acqua di rose è un segno di benvenuto per l’ospite di passaggio.

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