Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Lione, trionfo dell’urbanistica

La seconda città della Francia, dopo Parigi, racchiude un concentrato di opere progettate dai più grandi architetti degli ultimi due secoli: Garnier, Soufflot, Chenavard, Pollet, fino a Buren, Drevet a Piano e Calatrava. E alle grandi firme dell’architettura affianca anche il primato di cuochi pluristellati

Gastronomia e accoglienza raffinata

Le Quenelle lionesi, polpettine di farina ripiene di pesce e carne
Le Quenelle lionesi, polpettine di farina ripiene di pesce e carne

Lione e gastronomia, in aggiunta. Anche perché, grandi chef a parte, qui si mangia bene un po’ ovunque. Al mercato coperto di Les Halles vendono delizie ipercaloriche come le torte di foie gras, i formaggi regionali tipo La Pierre Dorée, ostriche, lumache e le immancabili Quenelle, le polpettine di farina cotte nella salsa, ripiene di pesce e di carne, che rappresentano da sempre il piatto forte della cucina lionese.

I circa ottocento ristoranti e i moltissimi bistrot, che qui si chiamano “bouchons”, tanto per non confonderli con quelli parigini, sono pieni di turisti, artisti e businessmen, sia a pranzo sia a cena. E per imparare qualche ricetta segreta basta entrare in un hotel della Vieux Lyon, la città vecchia e partecipare a uno dei molti corsi di cucina. I più gettonati sono a La Tour Rose, un mosaico di palazzi, cortili e giardini del XVI secolo trasformato in hotel di charme, con un ristorante gourmet molto blasonato. Mentre chi è in cerca di un’ospitalità sopra le righe, prenota una camera (pardon, una suite) al Cour des Loges, proprio lì accanto: un hotel in un antico palazzo affacciato su quattro cortili (del XIV, XVI e XVII secolo) che promette notti da re.

L’occhio rivolto a Parigi, Lione “splende” di luce propria

La villa di famiglia dei fratelli Lumière, oggi sede dell'Institut Lumière
La villa di famiglia dei fratelli Lumière, oggi sede dell’Institut Lumière

Eppure Lione ai monarchi ha sempre preferito i mercanti. Sarà per via dei suoi due fiumi, un “patrimonio” d’acqua attraversato da ben ventotto ponti, perfetto per lavorare la seta. O forse sarà per la sua posizione strategica per i commerci, più o meno a metà strada fra Parigi, Milano e Nizza. Quello che è certo è che fin dal Rinascimento banchieri e setaioli francesi, ma anche lombardi e toscani, si trasferirono qui e vi costruirono quei palazzi rosa e ocra, con i portali in pietra scolpiti che si aprivano sui “traboules”, i passaggi segreti che ancora oggi rendono così caratteristica la vecchia Lione. Quei percorsi, circa centocinquanta, collegano tra loro le strade passando per i cortili interni delle case. La privacy, ovviamente, ai tempi era un concetto sconosciuto.

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Ma i traboules non sono l’unica curiosità di questa “piccola capitale” votata alla grandeur. Se sbirciate in cima alla collina che domina la Vieux Lyon, vedrete una Tour Eiffel e un Sacré-Coeur “in miniatura”, piccoli simboli di acciaio e pietra messi lì per fare concorrenza a Parigi. E poco più di un secolo fa due fratelli stravaganti, Auguste e Louis Lumière, a furia di giocare con la luce, inventarono una scatola magica in grado di proiettare immagini in movimento con la quale girarono il primo film della storia: “La sortie des usines” (Uscita dalla fabbrica).

La villa di famiglia, acquistata dalla città di Lione nel 1975, oggi ospita l’Istituto Lumière ed è una specie di mecca per gli amanti del cinema. Ma dato che la passione per la luce è contagiosa, una quindicina di anni fa l’allora sindaco Michel Noir approvò un progetto di arredo urbano fatto di diecimila fari, un riflettore perennemente puntato sul teatro dell’Opéra, giochi colorati su tutti i principali monumenti e spazi verdi. Perché qui, a Lione, perfino gli alberi sono illuminati. (26/10/09)

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