Martedì 19 Marzo 2024 - Anno XXII

Islanda, miracolo di acqua e di fuoco

Islanda

Un giornalista, ingegnere, amante della buona tavola esplora l’Islanda, terra densa di contraddizioni dove fredde lagune di ghiaccio convivono con le ceneri di vulcani più vitali che mai

Mezzo anfibio per visitare la laguna glaciale
Mezzo anfibio per visitare la laguna glaciale

La navigazione fra i pezzi di ghiaccio che galleggiano nella laguna è suggestiva, così come le imbarcazioni che trasportano i turisti: mezzi anfibi con grandi pneumatici da camion. Ci si imbarca da un pontile in legno costruito su una pietraia, vengono indossati ingombranti giubbotti di salvataggio e tutti stanno seduti. Motore spinto al massimo e “splash”, si entra nella laguna con un abbrivio che allontana l’imbarcazione dalla sponda sassosa. Sembra di essere in un altro mondo: le grandi forme di ghiaccio galleggiano facendo immaginare la gran parte della massa che rimane immersa. Si avvicina un gommone nero: il ragazzo che lo guida ha nelle mani un blocco di ghiaccio trasparente che viene preso dalla bionda ragazza che fa da guida. Il ghiaccio, che per essere così trasparente ha subito per decenni la pressione del ghiacciaio, viene spezzato in piccoli pezzi e servito ai turisti che lo succhiano.

Verso il vulcano Hekla
Verso il vulcano Hekla

Per i più avventurosi vi è la possibilità di spingersi verso l’interno. Noi lo abbiamo fatto in modo un po’ incosciente. Forte del fatto di avere a disposizione un mezzo con quattro ruote motrici, Raffaele ha deciso di portarci verso il più grande vulcano dell’Islanda: l’Hekla, il vulcano che nel medioevo era ritenuto la porta dell’inferno. Io ero contento di andarci, le nostre signore un po’ meno. Comunque abbiamo abbandonato la numero 1 per la numero 264, strada sterrata. Lasciata anche questa, ci siamo avventurati lungo la F210, una strada sconnessa che attraversa un enorme campo di lava; si intende con questo nome un territorio corrugato con rocce solidificate dove la parola “crosta”, riferita alla superficie, assume un significato evidente. Quindi abbiamo trovato un cartello con l’indicazione “Hekla” attaccato ad un palo infisso nel terreno, che indicava una pista tracciata su di una superficie cosparsa da lapilli neri. E abbiamo cominciato a salire; il paesaggio era spettrale ed affascinante. Montagne di lava e ceneri depositate nell’ultima recente eruzione. Raffaele si divertiva un sacco a guidare in quelle condizioni e noi guardavamo estasiati il paesaggio fino a che ci si è profilata davanti una macchia di neve piuttosto innocua alla vista. Raffaele, senza troppe esitazioni, ha seguito i segni di un auto che era precedentemente transitata senza accorgersi che il disgelo aveva di molto approfondito i solchi lasciati dalle ruote: un rumore, uno slittamento e ci siamo ritrovati con il fondo dell’auto appoggiato sulla neve e le ruote sospese in una poltiglia di acqua e neve.

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Il vulcano che si stacca da un prato fiorito alle porte di Reykjavik
Il vulcano che si stacca da un prato fiorito alle porte di Reykjavik

Bloccati in un luogo a più di cinquanta chilometri dalla prima casa, senza segnale del cellulare, con un passaggio probabile di un veicolo una volta al mese. E per di più non avevamo comunicato a nessuno il nostro tragitto. Imprudenza da non fare.
Paola mi ha chiesto: “Ne usciremo?”. Meglio non pensare e lavorare. Raffaele ha preso il comando delle operazioni. Dopo alcuni tentativi infruttuosi di fare retromarcia, con il crick in dotazione ha iniziato a sollevare il mezzo e noi a recuperare pietre da posizionare sotto le ruote. Fortunatamente la lava è molto più leggera della comune roccia e il trasporto è stato meno faticoso. Sullo sfondo il vulcano Hekla che per l’occasione si era liberato dal manto di nubi che normalmente lo incappuccia e dal quale ha tratto il nome. Il sole stava scendendo e le ombre si stavano allungando. Per fortuna non viene notte, ho pensato, e godendo dello spettacolo ho continuato a trasportare pietre. Dopo tre ore, con le scarpe piene di acqua e neve e i piedi ghiacciati, Raffaele ha deciso di provare una retromarcia.

Le navi ormeggiate nel porto
Le navi ormeggiate nel porto

Tutti con il fiato sospeso poi, finalmente la Rav si è mossa ed è uscita dalla neve. Avevo in auto il GPS Garmin che avevo portato nonostante non fossi riuscito a reperire la mappa elettronica dell’Islanda. Almeno sono riuscito a fare il punto: 63,9389° Nord, 19,5382° Ovest, altitudine metri 853. Un posto dove ritornare con un mezzo più idoneo e un po’ più di prudenza.
La vacanza si è conclusa con una giornata rilassante a Reykjavik, con tanto di shopping e una interessante visita alla cineteca dei vulcani messa in piedi da Villi Knudsen, un anziano documentarista che ha ereditato dal padre questa passione e ha passato la vita a riprendere le eruzioni e i grandi eventi naturali che si sono svolti nella sua isola. Ora è lui in persona che introduce i filmati che vengono proiettati.
Lasciando l’Islanda mi sono ripromesso di ritornare per approfondire la conoscenza di questa terra nata lì, in mezzo all’oceano, dove la natura ha ancora il predominio sull’uomo. 

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