Venerdì 29 Marzo 2024 - Anno XXII

Bogotà, a perdita d’occhio grattacieli e case basse

Sicura, moderna, con 200 chilometri di vie ciclabili, diversa e lontana dagli stereotipi di tante città sudamericane, la capitale colombiana è ricca di istituzioni culturali, di monumenti e opere d’arte. Da non mancare la visita a la Candelaria, il cuore antico di Bogotà

Artisti e architetti italiani

La Candelaria (Foto: Samara Croci)
La Candelaria (Foto: Samara Croci)

Un apporto artistico, quello italiano a Bogotà, decisamente importante. Il citato Edificio Lièvano fu progettato dal francese Lelarge, ma dell’esecuzione dei lavori fu incaricato Riccardo Codazzi; alla realizzazione del Capitolio contribuirono Mario Lambasi e Pietro Cantini; il Teatro Colòn (1886-1895, nella bella Calle 10, la più ricca di antiche case coloniali nella Candelaria) infine, fu progettato dall’architetto Pietro Cantina e arredato dagli scultori e decoratori Cesare Sighinolfi, Filippo Mastellari, Pietro Meranini e Luigi Ramelli (intenerisce pensare che i discendenti di quest’ultimo gestiscono tuttora un laboratorio artigianale del “gesso” nel cuore del Barrio).

Notevole, pertanto, è sempre stata l’ “apertura” verso il lavoro e il pensiero italiano da parte di un Paese che, come peraltro tutti gli altri del centrosud America, alle manifestazioni di acceso orgoglio (alle 6 e alle 18 di ogni giorno le radio e le televisioni mettono in onda l’inno nazionale) avrebbe potuto abbinare protezionismi di vario genere. Peraltro Bogotà è stata da sempre un punto di riferimento culturale, tanto da essere definita la “Atenas” del sud America (per le tante istituzioni, scuole e accademie) da Alexander Von Humboldt che vi soggiornò dal 1800 al 1804. Si pensi oltretutto che per una decina d’anni, dal 1820 al 1830, la città fu capitale della Grande Colombia, comprendente anche Panamà, Ecuador e Venezuela.

Botero, gloria nazionale

Le forme generose di un nudo di Botero
Le forme generose di un nudo di Botero

Sempre nella Candelaria e lungo la Avenida Jimenez (de Quesada) che ne delimita la zona nord, si ammira la quasi totalità degli altri monumenti di Bogotà. “Da non perdere”, la neoclassica presidenza della repubblica o Casa de Nariño (precursore dell’indipendenza); la chiesa gesuita di San Ignacio (cominciata nel 1605 da Gianbattista Coluccini, ispiratosi alle romane chiese del Gesù e di San’Ignazio); il complesso culturale della Biblioteca Arango, del Museo de Arte (incredibile e indescrivibile la magnificenza dell’ostensorio La Lechuga) e del Museo Botero (si ammira insperatamente una sessantina di opere del meglio della pittura e della scultura del XIX e XX secolo). E non vanno dimenticate alcune storiche chiese che i “santafereños” (altro termine, oltre al già citato “bogotanos”, per designare gli abitanti di Bogotà) frequentano con assiduità in tutte le ore del giorno (per la sorpresa del viaggiatore europeo, non abituato a vedere tanta gente in preghiera negli intervalli delle funzioni religiose).

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Molte le chiese

Plaza Bolivar
Plaza Bolivar

Poco distante dalla Plaza Bolivar, lungo la Carrera 6, l’Iglesia de Santa Clara (metà del Seicento, parte del convento di clausura delle Clarisse, oggi museo) presenta esteriormente una austera povertà inversamente proporzionale alle dorate ricchezze racchiuse nell’unica navata: sculture policrome, pitture murali, trittici, quadri, intarsi di stile rinascimentale, coloniale, barocco e mudèjar.

Non meno interessante e meritevole di una attenta visita è la Iglesia de San Francisco nella Carrera 7, costruita dai Francescani soltanto venti anni dopo la fondazione di Bogotà: eccellenti i soffitti “mudèjar”, le sculture lignee dell’altare maggiore, la pittura “flamenca” della cappella dedicata al santo.

E non perde tempo chi visita anche la Iglesia de la Concepciòn (una delle più antiche della città, 1583) e quella di San Agustìn, con notevoli documentazioni (bello il “retablo” della Virgen de Chiquinquirà) della propagazione del culto nel coloniale Virreinato de la Nueva Granada. (22/6/09)

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