Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Attenti ai “falsi amici” spagnoli!

asino falsi amici spagnoli

Piccola raccolta di parole spagnole, uguali o simili in italiano, ma con significato diverso

Dove chi è “largo”, non ha bisogno di scalette

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Se vi dicono “subir”, non preoccupatevi, non correte rischi. Siete solamente invitati a salire

Se uno spagnolo vi dice di possedere una “tienda”, è padrone di un negozio (al contrario dei “negocios” spagnoli che sono gli affari in Italia). Chi vuole meno luce in una “habitaciòn” (che non è tutta una abitazione ma solo una camera) abbassa la “cortina” (tenda, tendina). E l’italiano non si spaventi se gli dicono di “subir”, non corre rischi; deve soltanto salire. La spagnola “salida” corrisponde all’italiana uscita (quindi un signore sale, esce dalla casa ma senza … salire, mentre il sale cambia genere e diventa “la sal”). Un agricoltore spagnolo che deve “sembrar” non è una persona obbligata ad apparire, sembrare (in spagnolo “parecer”); più semplicemente ha il compito di seminare.

E di “falsi amici” il dizionario della lingua spagnola è pieno. Eccone, velocemente altri esempi. “Hombre” (uomo) quindi niente a che vedere con l’ombra. La “lupa” altro non è che la lente di ingrandimento, non la signora del lupo (“lobo”) che pertanto non ha niente a che vedere con quello dell’orecchio. “Largo” in spagnolo è lungo mentre largo in italiano, a sud dei Pirenei diventa “ancho”. Un signore iberico che “lleva” qualcosa non la leva, toglie di mezzo, bensì la porta (da “llevar”, portare) e “llegando” non si lega bensì si arriva (“llegar”, arrivare) e quindi in spagnolo non si “arriba” (che vuole invece dire sopra).

Pasticcio spagnolo con uova al burro che ragliano

asino
Occhio quando usate la parola “burro”. In spagnolo significa asino

Nella lingua spagnola “burro” vuol dire asino, da cui si evince che, in un ristorante a sud dei Pirenei, un italiano (affamato, ma per dichiararsi tale deve dirsi “hambriento” e non “afamado”, che in spagnolo significa famoso) e poco documentato sugli scherzi combinati dai “falsi amici” (parole spagnole uguali o simili in italiano ma con significato diverso). Chiedendo un “uovo al burro” altro non fa che ordinare al cameriere di recapitare l’uovo al somaro (che ragliando gli suggerirebbe di andarlo a friggere nella “mantequilla”, appunto il burro, e non nell’ “aceite”, che in spagnolo è l’olio e non, come potrebbe pensare un italiano vista l’estrema similarità tra le due parole. L’aceto, che in spagnolo è chiamato “vinagre”).

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Se poi quel “burro” (asino) “ralla” (pronuncia raglia) non produce un suono sgradevole, bensì sta soltanto grattuggiando (rallar). E sempre a proposito di “falsi amici” nell’alimentazione, se uno spagnolo vuole “ir de tapas” non si riferisce a una gara ciclistica a tappe. Ma vuol dire girare di bar in bar mangiucchiando (“tapa”, assaggio, stuzzichino). Ed essendo poco carino bere a canna, nel bar l’italiano non si spaventi chiedendo un “vaso” (bicchiere); gli spagnoli sono forti bevitori ma bere quanto contenuto in un nostro vaso, il loro “florero”, sarebbe eccessivo!

Bere, mangiare, pagare… che sublime confusione!

TavolaPerfetta
“Mantel” non è un un indumento ma la tovaglia, e “posada” vuol dire locanda.

In un ristorante a sud dei Pirenei (dove, come in Italia, si apparecchia la tavola stendendo un “mantel”, che però non è un indumento ma la tovaglia) un italiano, vedendo nel menu (“carta”, che in “castellano”, sinonimo di lingua spagnola, vuole anche dire lettera, mentre la semplice carta italiana è “papel”) la parola “seta” non tema di dover mangiare un tessuto: gli sarà infatti portato un fungo. Pertanto la “toalla” non è la tovaglia, trattandosi invece dell’asciugamano.

Sempre a tavola l’italiano, pensando che si tratti di una femmina di lepre, eviti di chiedere la “lepra” (lebbra) e se gli piace il pesce sappia che la “cigala” è un ottimo scampo (niente a che vedere con la cicala amica della formica). Mentre la “caballa” non galoppa nel mare, trattandosi invece dello sgombro; e per “gamba” non si intende uno de nostri due arti inferiori (in spagnolo “pierna”) bensì di un gamberetto (e “gamberro” è un personaggio poco raccomandabile).

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falsi amici tartufo
Tartufo

Chi vuole qualcosa di caldo precisi “caliente”, sennò rischia di doversi sorbire un brodo (appunto “caldo” in spagnolo). Un salame non si “afecta” (“afectar” significa riguardare) perché “rebanar” (affettare) è il verbo giusto. Per concludere sui trabocchetti tesi dai “falsi amici” al ristorante, in un locale “barato” (economico, a buon prezzo) si paga appunto poco. Senza dover ricorrere a un baratto, mentre di fronte a un conto salato l’italiano non pensi subito a una truffa (in spagnolo “timo”, mentre il nostro timo è l’iberico “tomillo”) perché a determinarlo potrebbe essere stata la “trufa” (tartufo). E pagando il conto è sempre meglio lasciare una mancia (“propina“) e non una “mancha” (pronuncia mancia) che in spagnolo è una macchia.

Falsi amici: da licenciado a meada

Non è il caso di commiserare un “licenciado”, non trattandosi di un signore lasciato a casa dalla ditta (in tal caso è stato “despedido”) bensì di un laureato (abbreviato in “lic.”, il dottore italiano che in Spagna si dice soltanto al medico). L’italiano che in viaggio vuol trattarsi bene, visitando Madrid o Barcellona farà bene a scendere in un “hotel” (albergo). In spagnolo “albergue” è una sorta di ostello; e se gli viene proposta una “posada” (locanda, osteria) non pensi a una forchetta o a un coltello, In ogni caso chieda un “presupuesto” (che non è un presupposto (supuesto) bensì un preventivo).

Chi desidera dilazionare i pagamenti e si rivolge nella lingua di Cervantes non parli di “rata” (gli darebbero un topo); meglio riferirsi a “cuota” o “plazo”. A differenza di quanto può credere un signore bergamasco, la “pisada” è un’orma (“pisar”: calpestare) perché una pisciatina nella lingua di Cervantes è solo una “meada”.

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Attenti agli “imbarazzi” femminili!

corteggiamento
In caso di corteggiamento prestate attenzione… “embarazada” significa incinta

La Posta italiana in spagnolo è il “Correo” e non la “puesta” (che corrisponde al tramonto, calar del sole) e “poste” altro non è che l’italiano palo. In Spagna va anche bene perdere la “dentera” (ansia); meno bene aver smarrito la dentiera (protesis dental). “Cerca” vuol dire vicino (non c’è niente da cercare); il “camino” non prescinde cappa e chi lo spazza, trattandosi di un sentiero, cammino; “oso” vuol dire orso e non osso (hueso).

Sempre in Spagna, chi lavora in una “oficina” (ufficio) è un impiegato; ma se la F raddoppia e diventa una officina italiana, in tal caso si dice “taller”. In una eventuale discussione, se uno spagnolo “contesta” non vuol dire che stia ricorrendo alla violenza verbale: si limita soltanto a rispondere (contestar). Una “maleta”, essendo una valigia e non una maglietta, può non essere cambiata tutti i giorni e non indossandola si resta “nudo”, ma in italiano; perché in spagnolo diventa “denudo“. Infine, nel fare il filo a una ragazza spagnola, il giovanotto italiano si comporti correttamente, soprattutto evitando che alla fine del corteggiamento costei si ritrovi “embarazada”: in tal caso, oltre che (probabilmente) imbarazzata (che in spagnolo si dice “avergonzada”) la signorina è (soprattutto) incinta.

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