Sabato 20 Aprile 2024 - Anno XXII

Brindisi, un porto per l’Oriente

Brindisi foto di Fabio Taccola

Dove l’Adriatico si stringe, quasi a toccare l’Albania delle moderne “invasioni”, sorge l’antica città dei Messapi, da sempre luogo d’approdo e di partenza verso le terre orientali

Brindisi Il monumento al Marinaio d'Italia foto di Michael Paraskevas
Il monumento al Marinaio d’Italia foto di Michael Paraskevas

Brindisi, il suo bene più prezioso è il porto. La leggenda la vuole fondata da Brunto, figlio di Ercole, da cui deriverebbe il nome, ma verosimilmente la sua etimologia è Messapica.
I romani ne fecero il loro principale scalo commerciale e militare con l’Oriente, collegandola alla capitale con la via Appia il cui termine è ancor oggi indicato da due colonne romane su un promontorio che, con una elegante scalinata, alla cui sinistra una lapide ricorda la casa ove morì Virgilio, digrada verso il mare.
Crescita e declino furono sempre legati al porto. Nell’anno 1071 vi giunsero i Normanni e la città divenne la “Porta d’Oriente” grazie all’importanza conferitale dai Crociati che da queste spiagge salpavano verso la Terra Santa. Ancora in auge sotto Svevi, Angioini e Aragonesi, cadde nell’oblio durante la dominazione spagnola, risorgendo agli antichi fasti dopo l’unificazione della penisola, quando gli Inglesi riconobbero i suoi centottanta ettari di acqua, divisi in tre bacini, come i più sicuri del basso Adriatico e nel 1870 vi fecero approdare i piroscafi della “Valigia delle Indie”.

Brindisi tra le antiche vestigia 
Brindisi Colonna-romana
La colonna romana

I due bracci di mare del Seno di Ponente e di Levante cingono la penisola sul cui promontorio si è sviluppata la città vecchia di Brindisi.
Dalla sommità la vista spazia sul porto interno e su quello medio. abbracciando il Monumento al Marinaio d’Italia, il Canale Pigonati e l’isola di Sant’Andrea, oggi unita alla terraferma, dove Alfonso d’Aragona nel 1445 edificò il Castello Alfonsino a guardia e difesa dello scalo.
All’estrema sinistra del Seno di Ponente si erge il castello Svevo costruito da Federico II e ampliato dagli Angioini, sede del comando della Marina Militare. Dall’alto appare evidente la forma a “testa di cervo” del porto, che è anche lo stemma cittadino.
Poco distante vi è Piazza Duomo sulla quale si affacciano il fronte della settecentesca chiesa matrice, il palazzo del Seminario, la Loggia Balsamo, un capolavoro del XIV secolo, il Portico dei Cavalieri Templari, che in quest’area avevano la commenda e l’ospedale oggi adibito a museo archeologico. Strette viuzze portano al normanno Tempio di San Giovanni al Sepolcro con la navata circolare, alla gotica Chiesa di San Paolo con altari barocchi e a quella di San Benedetto, fondata nel 1080 dal normanno Conte Goffredo.

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Un gioiello romanico
Brindisi Chiesa di Santa Maria foto di Roberto-Sernicola
chiesa di Santa Maria di Borgo Casale

A circa tre chilometri dal centro, nei pressi dell’aeroporto, sorge la chiesa di Santa Maria di Borgo Casale, eretta verso la fine del XIII secolo da Filippo d’Angiò, principe di Taranto.
L’attuale costruzione è in stile romano-gotico, la facciata è semplice e nel contempo elegante mentre l’interno è a croce latina, ricco di affreschi tra i quali spicca il trecentesco Giudizio Universale di Rinaldo da Taranto.
In questa chiesa venne celebrato il processo ai Cavalieri Templari di Puglia e Calabria, l’unico conclusosi senza condanne a morte.

Il fermento culturale
Brindisi la Cattedrale
La Cattedrale

Vissuta sempre all’ombra della barocca Lecce, Brindisi sembra aver riscoperto da qualche tempo un nuovo fervore culturale.
Il dibattito per ottenere una sede universitaria è molto acceso, l’Istituto Nautico è uno dei più importanti in Italia. Un paio di periodici locali affiancano i due quotidiani storici e alcune case editrici lanciano nuovi talenti.
Il teatro è nuovamente seguito, specialmente quello in vernacolo, mentre mostre e presentazioni sono all’ordine del giorno nelle gallerie d’arte e librerie, tra le quali una ha anche un ben frequentato bar, come dire nutrimento per il corpo e per la mente.

Brindisi e la cucina locale
Le famose orecchiette con cime di rapa
Le famose orecchiette con cime di rapa

Pochi, semplici e genuini i piatti brindisini, frutto di un equilibrio tra ricette contadine e marinare. Per antica tradizione le tavolate domenicali sono ornate dai frutti di mare ai quali seguono il risotto alla pescatora, i vermicelli al sugo di cernia, gli spaghetti alle vongole veraci o quelli di origine contadina come le orecchiette con le cime di rapa, la pasta con cavoli e acciughe, la purea di fave guarnita con olio d’oliva e fette di pane con peperoni verdi fritti. Tra le carni i brindisini sono ghiotti di costolette d’agnello e “nturcinieddi”, interiora di agnello arrostite. Ma sono i prodotti ittici quelli più apprezzati, come la cernia e il dentice arrosto, le acciughe impanate, la zuppa di pesce, le cozze al gratin e l’immancabile frittura di gamberi e calamaretti.

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La puddica tipica focaccia
La puddica tipica focaccia

Talvolta il pane è sostituito dalla “puddica”, una focaccia con pasta molto soffice, servita semplice, guarnita con pomodoro o cipolle e talvolta farcita. Il tutto accompagnato da vini corposi, ad alta gradazione alcolica, derivati da uve Malvasia bianca e nera e Negroamaro, i cui vitigni crescono su una terra arida e assolata, sferzata dalla tramontana o dallo scirocco. Tutti vini con la denominazione Doc Rosso Brindisi e Igt Salento e Puglia, la cui produzione in bottiglia è destinata in massima parte all’esportazione, mentre per il consumo locale il vino è ancor oggi acquistato sfuso.

I dirimpettai
La scalinata e le colonne del Porto
La scalinata e le colonne del Porto

Il “Paese delle Aquile” ha sempre avuto nel porto di Brindisi il suo naturale sbocco verso l’Europa. La realtà albanese era ben conosciuta tramite le notizie riportate dai contrabbandieri di sigarette, gli unici che avevano accesso ai porti dell’altra sponda. Con la caduta del comunismo Brindisi divenne il miraggio della ritrovata libertà. La prima nave, carica sino all’inverosimile di disperati, arrivò all’interno del porto trovando ad attenderla una popolazione che per molti giorni diede vita ad una grande gara di solidarietà. Tutti ricevettero assistenza, intere famiglie vennero ospitate in case private e giunsero anche offerte di lavoro da parte di privati. Ma con le ondate successive, mischiati ai profughi, sbarcarono anche delinquenti fuggiti dalle galere albanesi. Il susseguirsi di furti fece sì che la solidarietà fosse affiancata e quindi sostituita dalla diffidenza.
Gli albanesi capirono che questa terra, oltre alla prima calda accoglienza, non poteva offire loro i miraggi sognati e la considerarono solo un punto di sbarco, dirigendosi velocemente verso il più ricco nord.
Ad onor del vero, i brindisini fecero poco o nulla per trattenerli. I pochissimi rimasti si sono però integrati; svolgono piccoli commerci, qualcuno è libero professionista, ma dopo gli ultimi saccheggi subiti dalle aziende salentine aperte a Tirana e a Durazzo, il senso di umanità verso chi ha bisogno di aiuto non è venuto meno, ma la lingua albanese è ora ascoltata con sospetto.

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